domenica, marzo 25, 2007

..siamo come le nostre montagne.



Arrivai a Yerevan in tarda serata, era già buio, e l'impressione che ebbi appena entrato in città fu di trovarmi a Mosca ai tempi di Breznev, uno massiccio spiegamenti di uomini e di mezzi si stava esercitando per la parata, cogestionando l'intera città, che si sarebbe tenuta il giorno dopo in Hanrapetutyan Hraparak -la Piazza della Repubblica- in occasione del 15^ anniversario dell'indipendenza .
Mi ero dimenticato di questo, avevo scordato che quasi tutte le repubbliche che appartenevano alla ex Unione Sovietica avevano ottenuto l'indipendenza più o meno in settembre. Come prevedevo avrei faticato a trovare un alloggio in città per quei giorni ma non mi diedi per vinto ed al terzo tentativo rimediai fortunosamente una stanza allo Hotel Chirac, strapieno di alti ufficiali con il petto ricoperto di medaglie la cui divisa assomigliava più ad un'armatura medievale. Una volta assicurata la stanza cercai di tovare una sistemazione alla moto per i tre giorni seguenti visto che mi sarei mosso a piedi.
Non c'era una ragione precisa ma tirava un'aria che non mi piaceva, troppa gente, troppa confusione, e l'albergo non era dotato di garage. Decisi di sistemarla nelle vicinanze dell'albergo e di scacciare i timori che mi erano sorti, in ogni caso sarebbe andata come doveva andare. Il guardiano che sorvegliava il parcheggio era un dipendente dell'hotel, mentre finivo di sistemare i bagagli che non avrei potrato in camera lo guardai freddamente come per dirgli: "se domani non ci sarà più la moto vedi di non farti trovare nemmeno tu!".
Si avvicino con calma ma con sicurezza, era enorme, spalle larghe e possenti, circa 35 anni e 20 cm più alto di me, il viso fiero con un naso importante come tutti quelli che appartengono alla razza armena. Si presentò tendendomi la mano che io subito porsi con riverenza, era così grande che avvolgeva completamente la mia, una stretta un pò più forte e me l'avrebbe stritolata: il mio nome è Ararat, qui ci sono io, la tua moto è in buone mani- ..mai conosciuto persona più degna di potare quel nome!
All'indomani mi affrettai a cercare l'ambasciata iraniana per pocurarmi un visto e dopo ripetuti tentativi trovai un tassista disposto ad accompagnarmi -stranamente nessuno sapeva dove si trovava- ma Emil, questo era il suo nome, non esitò e mi ci accopmpagnò subito. Ingegnere meccanico, ex insegnante di inglese all'Istituto Superiore di Cultura di Yerevan, da diverso tempo in pensione ma costretto a lavorare per sbarcare il lunario. Si era messo a fare il tassista con un avecchia Lada 1600 -nel 1974 mio padre andò in pensione ma lo stato non si poteva permettere di pagargli anche la pensione di guerra per avere combattuto nella seconda guerra mondiale ed in quella Russo-Finlandese, così gli diedero questa Lada 1600, non avrei mai immaginato a quel tempo che potesse aver servito così tanto anche a me!-. Emil mi accompagnò diligentemente per tutta la mattinata tra ambasciate fotografi e banche e alle 12,30, avendo il tanto sospirato visto iraniano in tasca, era quasi triste nel dovermi lasciare. Gli proposi di stare con me tutto il giorno e di portarmi a vedere tutto quello che gli avrebbe fatto piacere che io vedessi della sua città. Emil sembrò entusiasta della proposta e mi disse che normalmente in una giornata piena di lavoro avrebbe guadagnato 25euro ma che se glie ne davo anche solo 20 per stare con me e portarmi in giro tutto il pomeriggio sarebbe stato comunque un affare. Accettai, e come prima cosa visto che ci apprestavamo ad a visitare una splendida città come Yerevan mi chiese se poteva passare da casa a prendere moglie e figlia per far godere anche a loro una giornata cosi.
Io ne fui lusingato, mi sembrava di essere a far visita ad un parente che non vedevo da tanto tempo. Nell'appartamento di Emil la moglie mi preparò un ricco buffèt di frutta fresca e biscotti -la giornata sarà impegnativa ed è meglio essere in forma- poi si parti all'avventura.
Mi trovavo a mio agio con loro, o meglio non mi sentivo un'intruso, mentre in macchina mi raccontavano della loro vita e delle privazioni subite durante l'epoca sovietica, in effetti si parlava di un passato recente che ancora non aveva rimarginato completamente le ferite, ma la cosa che mi commosse di più fu la visita al memoriale del genocidio armeno.
Conosco la storia della diaspora che ha portato il popolo armeno a disperdersi per il mondo e che costò 1.500.000 vittime, ma non credevo che a distanza di quasi un secolo il dolore fosse ancora così vivo. Emil mi raccontò, con il viso rigato di lacrime che lentamente scendevano fino alle guance, le persecuzioni iniziate nel 1896 l'agonia degli armeni uccisi dal 1915 al 1922 dalle forze dell'allora Impero Ottomanno, le deportazioni forzate di massa, le marce della morte nel deserto siriano, le 12 provincie perdute che arrivavano fino al Lago Van ora terra turca ..mentre mi parlava, delle gigantesche foto appese alle pareti confermavano con coraggio e semplicità le sue parole e una straziante musica si diffondeva su tutto il memoriale attraverso un sistema di altoparlanti.
E' incredibile come negli armeni, nonostante le atrocità subite, non si serbi il rancore per i popoli che li hanno perseguitati.
Usciti sul piazzale antistante Emil si fermò a rendere omaggio sulle tombe dei primi caduti nel conflitto del Nagorno Karabakh, piccola regione attualmente all'interno dell'Azerbaijan ma di popolazione armena che vanamente chiede lindipendenza per annettersi alla madrepatria armena.
Nel 1988, da parte delle forze azere e sovietiche, cominciarono i bombardamenti a tappeto con missili Grad che per 5 lunghi anni costrinsero la popolazione a vivere negli scantinati e sottoterra, risultato: una zona interamente infestata da mine antiuomo che continuano a falciare vittime, altri 30.000 morti e 500.000 pofughi.
Mentre mi parlava pensavo al giorno dopo quando avrei tentato di entrare in quella zona..
-Ma noi siamo come le lostre montagne- mi disse Emil indicandomi l'Ararat, da sempre il simbolo dell'Armenia, che si stagliava fiero e maestoso all'orizzonte, in territorio armeno da sempre e ora 40 km all'interno del confine turco.


Monastero di Tatev, Gola del Vorontan, Armenia del Sud

3 Comments:

Anonymous Anonimo said...

..il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare, e tu hai il dono speciale con la semplicità che ti contraddistingue, di mettere in parole emozioni e conoscenza, quanto vai vedendo in giro per il mondo. Grazie Simone

3:19 PM  
Anonymous Anonimo said...

non ho la volonta di leggerlo mi disp xo dalle immagini si capisce ke il posto era stupendo

Le tue foto parlano da sole!

Ciao sei un mito! un 14enne 3B galilei

12:45 PM  
Anonymous Anonimo said...

Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

2:42 AM  

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